Storia
La memoria più antica della pieve risale al 1102, quando è citata nel privilegio del Pontefice Pasquale II a favore del Vescovo di Fiesole Giovanni, come "plebem S. Jerusalem sitam in Pomino", confermata dall’atto del Pontefice Innocenzo III nel 1134. La strana dedicazione è da attribuirsi ad un culto diffuso tra il VI-VII secolo di una martire orientale chiamata Santa Gerusalemme.
Alla fine del secolo XIII compare con la dedicazione a San Bartolomeo nell’elenco delle chiese della Diocesi di Fiesole del 1299 (plebes S. Barptolomaei ad Pominum). Allora il piviere di Pomino aveva per filiali le seguenti cinque chiese: Santo Stefano alla Torta (ora Santa Lucia); Santa Maria Pinzano, Sant’Andrea a Bucigna; San Michele a Cigliano, Santa Maria ad Agna (poi San Giusto).
Architettura
La chiesa, in posizione elevata, rispetto all’abitato, domina la Val di Sieve. La facciata, a quattro spioventi, è realizzata in pietre di arenaria regolari disposte a filaretto e presenta un portale con lunetta e una tettoia pensile soprastante a protezione del medesimo. In alto si trova una bifora con colonnina centrale, opera del restauro compiuto qualche decennio fa. Dal confronto con le foto, antecedenti al restauro, la facciata aveva un tetto a capanna e un finestrone rettangolare sopra il portale.
Sul lato settentrionale dell’edificio si aprono strette monofore a doppio sguancio ed archivolto in laterizio ed estradosso a bardellone sempre in mattoni. Sei aperture, realizzate in maniera uguale, sono collocate nella sopraelevazione della navata maggiore. La tribuna presenta tre absidi semicircolari, ma solo quella centrale è antica e possiede una cornice di coronamento ad archetti pensili in laterizio e pietre.
La parte absidale
Nell’abside centrale, posta sopra uno zoccolo di pietra cava accapezzata, si apre una grande monofora a doppio sguancio, che è un probabile intervento di restauro. Sul lato meridionale la sopraelevazione della navata maggiore lascia lo spazio per cinque monofore uguali nella tipologia a quelle dell’altro lato. Il regolare paramento murario in pietre di arenaria disposte a filaretto è arricchito da una nota cromatica, data dagli archivolti delle finestre in cotto e dagli archetti pensili a coronamento dell’abside.
La chiesa ha un impianto basilicale, suddivisa in tre navate e sei campate divise da pilastri quadrangolari privi di zoccolo di base, ma coronati da una cornice modanata aggettante. Si nota una certa diversità nella muratura interna con l’impiego di bozze di pietra di dimensioni e taglio diverso, più accurate quelle dei sostegni, più irregolari quelle delle pareti, più grandi e regolari quelle della controfacciata. Inoltre, in corrispondenza della tettoia del lato destro della sopraelevazione della navata maggiore, ci sono cinque mensole in pietra che forse servivano per sorreggere l’antica copertura. In corrispondenza dell’ultima campata si aprono due porte con archivolto che conducono rispettivamente in canonica ed alla Compagnia, mentre sulla sinistra si vede una finestra trifora, ora chiusa, con due colonnine divisorie di restauro.
La chiesa viene ricordata dagli studiosi come una costruzione che si inserisce nell’architettura romanica toscana, dovuta a maestranze locali, nella quale si individuano pietre dal taglio accurato indipendentemente dai materiale impiegati, come nelle pievi di Santo Stefano a Castiglioni, Sant’Alessandro a Giogoli, San Giovanni Battista a Remole, San Pietro a Ripoli. La datazione probabile è fra il XII e il XIII secolo, anche se è possibile un intervento successivo nella parte della prima campata e della facciata.
La chiesa non ha però mantenuto immutato il suo stile romanico, subendo una trasformazione nei secoli XVII-XVIII, come è dimostrato dall’altare del SS. Rosario e da alcune iscrizioni presenti nel cortile della canonica. ( n. 2 iscrizioni: "FACTUM EST MULTORUM OPERE A. … " e "FACTUM EST AERE POPULI HUIUS A.D. 1768" e un’iscrizione su un architrave sul quale è inciso lo stemma della famiglia Della Rena: ARCHIVIUM
Negli anni ‘20-’30 di questo secolo ha subito un restauro che ha recuperato lo stile originario, pur con qualche alterazione, come è già stato evidenziato.
(Tratto dal cd "Cornucopia"redatto dal Comune di Pontassieve)